Il reato di stalking – rectius “atti persecutori” – è un’ipotesi delittuosa introdotta dal legislatore soltanto nel 2009 al fine reprimere un fenomeno piuttosto diffuso, ma che precedentemente non trovava un’adeguata risposta sanzionatoria.
Il termine “stalking” può essere tradotto in italiano richiamando gli atti del perseguitare, del braccare e del pedinare una vittima; identifica un fenomeno tutt’altro che infrequente, ma che può comportare un grave pregiudizio per la vittima, fino al punto di rendere del tutto impossibile la sua serena esistenza.
Il bene giuridico protetto dalla norma è pertanto quello della libertà morale della persona offesa, intesa quale facoltà dell’individuo di autodeterminarsi liberamente. Inoltre, la fattispecie tutela la tranquillità psichica e la riservatezza della persona oltreché, in prospettiva, la sua stessa incolumità fisica.
Secondo l’art. 612-bis C.p. “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita“.
In cosa consiste la condotta illecita?
Il delitto di stalking è un reato abituale: si tratta perciò di un illecito che non può mai esaurirsi in un unico atto ma che, ai fini della sua commissione, richiede che l’agente ponga in essere una pluralità di condotte ai danni della vittima.
E’ infatti proprio in questa serialità della condotta che può riconoscersi lo specifico disvalore penale degli atti persecutori rispetto ad altri reati quali quelli di minacce e di molestie.
Quanto alle minacce, il riferimento va chiaramente al delitto di minacce già previsto e punito dall’art. 612 C.p. che punisce chi prospetta ad altri un male ingiusto.
Quanto alle molestie, invece, può senz’altro farsi riferimento alle condotte già altrimenti punite dall’art. 660 C.p. e consistono più genericamente in ogni azione di insistente disturbo alla vittima.
In questi anni la Cassazione ha riconosciuto in termini di molestie utili alla configurabilità del delitto di stalking svariate tipologie comportamentali, talune che non richiedono neppure la compresenza fisica della vittima, quali: l’effettuazione ripetuta di telefonate; l’invio seriale di messaggi sms o via e-mail; la pubblicazione di post molesti/minacciosi sui social network; aggressioni verbali; ripetuti danneggiamenti; reiterati apprezzamenti, baci e atteggiamenti insistenti e minacciosi.
Si tratta pertanto sia di condotte intrinsecamente illecite, che di comportamenti fastidiosi che, una volta reiterati, assumono rilevanza penale nel complesso della fattispecie degli atti persecutori
Quali effetti deve avere sulla vittima?
Ai fini dell’integrazione del delitto di stalking non è tuttavia sufficiente la commissione delle condotte sopra descritte.
E’ infatti indispensabile accertare che la reiterazione delle minacce e molestie ai danni della persona offesa abbiano procurato a quest’ultima uno dei tre effetti alternativi descritti dalla fattispecie:
- un perdurante e grave stato di ansia e paura;
- un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva;
- l’alterazione delle proprie abitudini di vita.
Solo con l’accertamento della sussistenza di un nesso causale riconoscibile tra la reiterazione di molestie e minacce ed almeno uno di questi ultimi eventi, sarà possibile ritenere la consumazione del delitto in questione.
L’elemento soggettivo del reato
Quanto all’elemento psicologico dello stalking, la legge richiede ai fini della sua punibilità l’accertamento del dolo generico.
Con ciò non si vuol dire che il responsabile debba progettare già fin dall’origine la propria condotta seriale e la determinazione nella vittima di uno dei tre stati sopra descritti.
E’ invece sufficiente che l’agente abbia la coscienza e la volontà di commettere ogni singola reiterazione della propria condotta, nella consapevolezza che ognuna di esse andrà ad aggiungersi alle precedenti, formando un complessivo comportamento abituale idoneo a procurare alla vittima almeno uno dei tre eventi descritti dalla norma.
Le aggravanti specifiche
L’art. 612-bis C.p. punisce in maniera più grave due specifiche ipotesi di stalking.
La pena è infatti aumentata fino a un terzo se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
Inoltre, la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5/2/1992 n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Stalking o Maltrattamenti?
L’introduzione del delitto di stalking ha fatto insorgere in giurisprudenza una perplessità in ordine a quale reato sia configurabile allorquando gli atti persecutori siano posti in essere in ambito familiare.
Le medesime condotte sono infatti già punite – peraltro in maniera più severa – dal diverso delitto di maltrattamenti.
Al fine di superare l’incertezza è pertanto dovuta intervenire la Corte di Cassazione per chiarire come nell’ambito dei rapporti familiari (o in quelli ad essi assimilati) prevalga il delitto di maltrattamenti, escludendo il ricorso di quello di stalking. Un residuale ambito applicativo di quest’ultima fattispecie persisterà invece qualora tali comportamenti vengano commessi tra ex coniugi ormai divorziati oppure tra persone che abbiano avuto in passato una relazione affettiva ormai definitivamente cessata. Continuerà invece a prevalere il delitto di maltrattamenti – escludendo così margini applicativi di quello di stalking – quando il fenomeno riguardi coniugi separati, ma non ancora divorziati. (Cass. pen., sez. VI, 24 novembre 2011, n. 24575).
Gli aspetti procedurali
Di regola, il delitto di stalking è punibile esclusivamente a querela di parte. Deve pertanto essere la persona offesa a chiedere di perseguire il responsabile, che non può essere altrimenti perseguito.
Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi dalla consumazione del delitto, che coincide con la provocazione nella vittima di uno dei tre eventi descritti dalla norma.
La remissione della querela – con la conseguente cessazione del procedimento penale a carico del responsabile – può avvenire soltanto con esplicita dichiarazione della vittima in sede processuale.
La querela è tuttavia irrimettibile allorquando il delitto sia stato commesso mediante la reiterazione di minacce gravi art. 612 ex co. II C.p., ovverosia con armi, mediante scritti, in modo simbolico, da persone travisate o da una pluralità di persone riunite.
Lo stalking è invece perseguibile d’ufficio – senza quindi bisogno di alcun atto d’impulso della persona offesa – qualora venga commesso ai danni di minori, persone disabili oppure unitamente ad altri reati procedibili d’ufficio.
Le misure cautelari
Il legislatore ha previsto varie forme di tutela della vittima di stalking nelle more del processo, garantendo così una reazione immediata dell’ordinamento.
Ai sensi dell’art. 282-ter C.p.p., infatti, il Giudice può disporre il divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla vittima, eventualmente prescrivendo una distanza minima da tenere rispetto a questi luoghi o alla stessa persona offesa.
Lo stesso provvedimento può essere adottato anche a tutela dei prossimi congiunti della persona offesa o comunque a tutela delle persone conviventi o legate a quest’ultima da una relazione affettiva.
Infine, il Giudice può vietare all’indagato/imputato di intrattenere con la vittima o con le altre persone sopra descritte qualsiasi forma di comunicazione.
Allorquando tali misure non dovessero rivelarsi sufficienti e dovessero essere trasgredite dall’interessato, rimarrà sempre possibile disporre misure più gravose quali gli arresti domiciliari (eventualmente col c.d. braccialetto elettronico) e la custodia carceraria.
L’ammonimento del Questore
Al fine di tentare di indurre l’autore di tali condotte a desistere con la loro prosecuzione, il legislatore ha previsto una speciale procedura amministrativa di ammonimento.
La vittima di tali comportamenti potrà pertanto denunciarli alla Questura, chiedendo l’ammonimento del responsabile.
Il Questore svolgerà quindi la sua istruttoria e, se riterrà sussistenti i fatti denunciati, procederà al richiamo del responsabile ed al suo ammonimento orale.
Allorquando la condotta di quest’ultimo si reiterasse nuovamente dopo l’ammonimento, il reato di stalking diverrà procedibile d’ufficio e la pena sarà aggravata.
Da ultimo, merita di ricordare come la vittima di stalking possa sempre godere del patrocinio a spese dello Stato, anche se vanta un reddito superiore al tetto altrimenti previsto dalla legge per godere dell’istituto.
Avv. Ronny Spagnolo, Ph.D.