A partire da quale età si può essere processati e quindi chiamati a rispondere della commissione di un reato? A quale età si raggiunge una maturità psichica sufficiente per comprendere a pieno il valore giuridico e sociale delle proprie azioni? Solo da allora scatta l’imputabilità penale.
Ai sensi dell’art. 85 del Codice penale, è penalmente imputabile soltanto chi possiede, al momento del fatto, la capacità di intendere e di volere. Quest’ultima è la capacità di comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto sociale in cui si muove, nonché di controllare i propri impulsi e determinarsi così liberamente nelle proprie scelte.
Orbene, per quel che concerne l’età anagrafica, il legislatore ha previsto una normativa differenziata in relazione a tre diverse fasce d’età: gli ultradiciottenni, gli infraquatordicenni e coloro che si pongono nella fascia d’età intermedia tra i quattordici ed i diciassette anni.
A) Veniamo allora alla disciplina dell’imputabilità penale riservata ai maggiorenni: coloro che hanno già compiuto il diciottesimo anno d’età. Per queste persone il codice prevede una presunzione relativa di imputabilità penale. La capacità di intendere e volere viene perciò ad essere presunta, senza alcun bisogno di dimostrarla volta per volta, almeno che non si dia prova del contrario.
Ai sensi dell’art. 88 del Codice penale, infatti, il vizio totale di mente può escludere la capacità di intendere e volere anche nell’adulto. Una disciplina più articolata dell’imputabilità penale è inoltre stabilita in relazione ai casi di vizio parziale di mente, di sordomutismo, di ubriachezza e di intossicazione da stupefacenti.
In nessun caso assumono invece rilievo i semplici stati emotivi e passionali, che non hanno alcun rilievo in termini di imputabilità penale, almeno che non sfocino in veri e propri vizi di mente.
B) La seconda fascia d’età presa in considerazione dall’ordinamento è quella degli infra-quattordicenni. Ai sensi dell’art. 97 del Codice penale, non è in alcun modo imputabile colui che non abbia compiuto il quattordicesimo anno d’età al momento della commissione del reato.
Per i minori infra-quattordicenni vale perciò una presunzione assoluta di non imputabilità penale: non sono mai considerati capaci di intendere e volere, senza lasciare alcun margine di prova contraria.
In caso di pericolosità del minore, potranno essere adottate misure volte a neutralizzare il pericolo, ma in nessun caso l’infra-quattordicenne potrà essere processato penalmente e quindi punito.
C) La terza fascia d’età considerata dal legislatore penale è quella che va dai 14 ai 17 anni d’età. Per questa categoria di persone non è prevista alcuna forma di presunzione. Ciò significa che la capacità di intendere e volere del minore (comunque ultra-quattordicenne) deve essere accertata volta per volta, potendo essere riconosciuta o esclusa in ragione della concreta maturità psichica raggiunta dal minorenne al momento della commissione del reato.
Proprio per consentire questo particolare accertamento, si è previsto che questi soggetti non siano mai processati dai Tribunali ordinari, bensì unicamente dai Tribunali per i minorenni. In queste particolari Corti di giustizia, l’organo giudicante è sempre di tipo collegiale ed è composto al suo interno sia da magistrati che da esperti dell’età evolutiva, quali psicologi e psichiatri.
Inoltre, anche qualora venga accertata l’imputabilità penale del minorenne, costui gode sempre di un trattamento di favore: ovverosia del riconoscimento di una speciale circostanza attenuante, appunto per la minor età, nonché della possibilità di scontare la pena in istituti penitenziari dedicati ai minorenni.
Per i reati più tenui commessi dai minori, sono inoltre previsti speciali forme di definizione del procedimento volte mettere in guardia il minorenne senza però comprometterne lo sviluppo, quali il perdono giudiziale e la messa alla prova.
Avv. Ronny Spagnolo, Ph.D.