Furto, scippo e rapina sono tutti reati contro il patrimonio che condividono un nucleo comune, ovverosia la sottrazione e l’impossessamento di cose altrui, ma si differenziano per le modalità con le quali vengono realizzate. Vediamo allora cosa li differenzia.
Il furto rappresenta il nucleo condiviso da tutte e tre le fattispecie in questione.
Secondo l’art. 624 C.p., “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 154 euro a 516 euro. La pena per [il furto] è tuttavia della reclusione da uno a sei anni e della multa da 103 euro a 1032 euro quando concorre una delle numerose aggravanti previste dall’art. 625 C.p.
Se invece concorrono due o più delle circostanze prevedute dalla medesima disposizione, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da duecentosei euro a millecinquecentoquarantanove euro.
Si tratta di un reato contro il patrimonio che, dal punto di vista oggettivo, si articola in due momenti distinti. La “sottrazione“, con la quale il responsabile apprende fisicamente il bene altrui, e l'”impossessamento“, ovverosia il momento successivo nel quale l’agente esclude il legittimo proprietario dall’esercizio del suo dominio sull’oggetto, iniziando a comportarsi lui stesso come fosse il proprietario. E’ proprio per via di questa scansione che, nell’ambito dei furti nei supermercati, il reato si intende solo tentato, ma non perfezionato, finché l’autore dell’illecito non supera la barriera delle casse. Prima di quel momento, infatti, il bene è sottratto, ma non si è ancora realizzato l’impossessamento al di fuori della sfera di controllo del legittimo proprietario.
Ciò che contraddistingue il furto dagli altri due reati in considerazione è l’assenza di qualsiasi profilo di violenza. Nel furto la sottrazione e l’impossessamento del bene altrui avvengono clandestinamente, con l’astuzia, senza bisogno di ricorrere né a forme di violenza fisica, né a minacce.
Diversamente dal furto “semplice”, nello scippo la sottrazione e l’impossessamento del bene altrui avvengono usando violenza. Violenza che non deve però rivolgersi contro la persona offesa, bensì dev’essere strumentale allo strappo dell’oggetto.
L’art. 624-bis C.p. definisce il furto con strappo e stabilisce che “è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 309 euro a 1032 euro chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.
La pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da 206 euro a 1549 euro se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all’articolo 61“.
Infine, viene in rilievo la fattispecie più grave, quella di rapina, nella quale il furto si realizza minacciando o usando violenza contro la persona.
Ai sensi dell’art. 628 C.p., infatti, “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2065 euro.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.
La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da 1032 euro a 3098 euro allorquando concorra una delle numerose circostanza aggravanti previste dalla medesima disposizione, tra cui, una delle più frequenti, quella d’aver commesso il fatto con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite“.
Nella rapina il furto avviene usando violenza o minaccia contro una persona ma, a alla luce della disposizione che la punisce, vanno distinte due diverse ipotesi.
Si ha “rapina propria” quando la minaccia o la violenza sono strumentali all’impossessamento del bene. Al contrario, si parla di “rapina impropria” quando la violenza o la minaccia sono poste in essere dopo il furto, al fine di garantirsi il possesso del bene o l’impunità. Se pensi ad esempio al ladro in fuga che per scappare spinga il padrone di casa o la polizia che lo insegue.
Concludendo, quindi, furto, scippo e rapina condividono un nucleo comune costituito dalla sottrazione e dall’impossessamento di un bene altrui. Tuttavia, mentre il furto avviene senza alcun ricorso alla violenza, nello “scippo” la violenza è applicata sul bene da apprendere, che viene strappato di dosso dal legittimo proprietario. Diversamente, invece, nella rapina la violenza o la minaccia vengono rivolte contro la persona, al fine di rendere possibile la sottrazione oppure, in seguito, per guadagnarsi la fuga.
Avv. R. Spagnolo