La nuova legittima difesa “notturna”: di cosa si tratta?

In questi giorni ha fatto molto discutere l’approvazione da parte della Camera dei deputati di un disegno di legge volto ad ampliare lo spettro della legittima difesa notturna. Vediamo di cosa si tratta.

La legittima difesa è una causa di giustificazione, ovverosia un’ipotesi nella quale l’autore di un fatto di reato non viene punito, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un proprio diritto dall’ingiusta aggressione altrui.

Prima di affrontare il merito della riforma, sembra proficuo svolgere un breve excursus storico, così da apprezzare come l’istituto si è sviluppato in Italia nel tempo.

L’art. 49 del primo Codice penale del Regno d’Italia – il Codice Zanardelli vigente dal 1889 al 1931 – regolava la legittima difesa come segue:

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di respingere da sé o da altri una violenza attuale e ingiusta.

La legittima difesa era perciò ammessa esclusivamente per difendere l’incolumità fisica dalla violenza altrui. Non era invece ammessa per difendere la proprietà.

Con l’introduzione del “nuovo” Codice penale “Rocco” – entrato in vigore nel 1931 e tutt’ora vigente – si decise di disciplinare la legittima difesa in maniera più estensiva, consentendola anche per la difesa dei beni patrimoniali. Si riporta di seguito la definizione di legittima difesa indicata dall’art. 52 C.P. al momento dell’entrata in vigore dell’attuale Codice penale.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

In questo modo la legittima difesa risultava finalmente ammessa anche per difendere la proprietà privata da attacchi altrui, ma per evitare di legittimare reazioni del tutto esorbitanti rispetto a piccole aggressioni del patrimonio, si decise di introdurre il requisito della “proporzionalità“. La proprietà poteva perciò essere legittimamente difesa, ma senza travalicare in reazioni del tutto eccessive.

Questo assetto normativo rimase inalterato fino al 2006, quando con la Legge n. 59 del 13 febbraio 2006 il legislatore intervenne sulla disciplina della legittima difesa per ampliarne ulteriormente i limiti applicativi.

In quell’occasione non veniva in alcun modo modificata la definizione di legittima difesa già sancita dall’art. 52 C.p. (quella sopra riportata) bensì venivano aggiunti due nuovi commi alla norma, che si riportano di seguito.

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, [violazione di domicilio] sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Così facendo il legislatore imponeva di presumere come sussistente il requisito della proporzionalità della reazione rispetto all’aggressione subita – limitando così la discrezionalità del Giudice – nelle ipotesi descritte dal secondo comma del nuovo art. 52 C.p. In particolare, si tratta di ipotesi di legittima difesa esercitate nella propria abitazione – o nei luoghi assimilati di cui al terzo comma – quando l’intruso si renda comunque minaccioso per l’incolumità di chi si difende.

Anche rispetto a questa nuova regolamentazione della legittima difesa sono tuttavia sorte delle discussioni, essendo da taluni reputata come ancora troppo restrittiva. Per rispondere a tali richieste, il legislatore sta quindi cercando di rimettere mano alla norma. Il 4 maggio 2017 la Camera dei deputati ha perciò approvato un disegno di legge volto a riformare nuovamente la legittima difesa, ampliandone nuovamente i margini applicativi. Vediamo quindi come sarebbe regolata la legittima difesa se quest’ultimo disegno di legge fosse approvato anche dal Senato della Repubblica. Ecco come sarebbe il nuovo art. 52 C.P.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Fermo restando quanto previsto dal primo comma, si considera legittima difesa, nei casi di cui all’articolo 614, primo e secondo comma, [violazione di domicilio] la reazione a un’aggressione commessa in tempo di notte ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicati con violenza alle persone o sulle cose ovvero con minaccia o con inganno

Nei casi di cui al secondo comma sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

Le disposizioni di cui al secondo e al terzo comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

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Il gratuito patrocinio: di cosa si tratta e come goderne?

Il gratuito patrocinio è quell’istituto che consente ai cittadini meno abbienti di ottenere gratuitamente l’assistenza di un avvocato. In questo modo il legale viene retribuito dallo Stato, anziché dal suo cliente.

Al fine di poter godere effettivamente del diritto – costituzionalmente tutelato [art. 24 Cost.] – di accesso alla giustizia  è indispensabile poter fruire dell’assistenza di un avvocato.

Di regola, l’avvocato deve essere retribuito dal suo cliente. Ciò peraltro vale indifferentemente sia che ci si rivolga ad un avvocato di fiducia, sia che si venga assistiti da un avvocato d’ufficio.

L’eccezione a questa regola è appunto rappresentata dall’istituto del gratuito patrocinio, grazie al quale il cittadino può godere del tutto gratuitamente della prestazione di un avvocato, che verrà in seguito retribuito dallo Stato. Cerchiamo quindi di capire quando ed a quali condizioni si possa beneficiare del gratuito patrocinio.

In quali procedimenti è possibile godere del gratuito patrocinio?

Il gratuito patrocinio è assicurato nell’ambito di ogni procedura giudiziaria: civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e di volontaria giurisdizione. Non è invece possibile goderne in ambito stragiudiziale.

Il gratuito patrocinio è garantito a tutte le parti processuali: sia per chi resiste e/o si difende  (si pensi, ad esempio, all’imputato nel processo penale o al convenuto nel processo civile) che per chi  agisce, promuovendo l’azione processuale (come, per esempio, l’attore/ricorrente del processo civile o la persona offesa/parte civile nel processo penale).

Una volta ammessi al gratuito patrocinio, quest’ultimo vale per tutti i gradi e le fasi del procedimento, comprese tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse.

Quali sono i requisiti di reddito necessari?

I requisiti di reddito per essere ammessi al gratuito patrocinio – aggiornati ogni due anni – sono definiti dall’art. 76 del D.P.R. 115/2002. Ai sensi di quest’ultimo, può essere ammesso al [gratuito] patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.528,41. Di regola si ha riguardo al complessivo reddito del nucleo familiare, ma in proposito si rinvia a quanto precisato nel paragrafo successivo.

Ci sono però due eccezioni. Innanzitutto, si presume sempre come superiore a tale soglia il reddito di coloro che siano stati condannati in via definitiva per una seria di gravi reati di criminalità organizzata (v. co. 4-bis dell’art. 76 D.P.R. 115/2002). L’ammissione al gratuito patrocinio è inoltre esclusa per indagati, imputati e condannati per reati tributari (v. art. 91 D.P.R. 115/2002).

Al contrario, è sempre ammessa al gratuito patrocinio senza alcun limite di reddito la persona offesa dai reati di cui agli articoli 572 (maltrattamenti in famiglia), 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies (varie fattispecie di violenza sessuale) e 612-bis (atti persecutori), nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale (v. art. 4-ter D.P.R. 115/2002).

Come si definisce il reddito rilevante ai fini del gratuito patrocinio?

I sensi dell’art. 76 del D.P.R. 115/2002 occorre avere riguardo al reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, così come risultante dall’ultima dichiarazione.

Il reddito rilevante è perciò quello definito dall’art. 3 del TUIR, formato, per i residenti (in Italia), da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e, per i non residenti, soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato (v. Cass. pen., sez. V, 17 agosto 2016, n. 34935).

Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.

Nessun rilievo ha invece il patrimonio del richiedente: il gratuito patrocinio è infatti concesso avendo a riguardo soltanto alla situazione reddituale dell’istante.

Non è però il reddito individuale ad assumere valore, bensì quello dell’intero nucleo familiare convivente. Salvo quanto previsto dall’articolo 92, infatti, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. Secondo la Corte di Cassazione, rileva altresì il reddito dell’eventuale convivente more uxorio (v. Cass. pen., sez. IV, 13 novembre 2012, n.  44121).

Limitatamente al processo penale, tuttavia, se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 76, comma 2, [si ha quindi sempre riguardo al reddito dell’intero nucleo familiare] ma i limiti di reddito indicati dall’articolo 76, comma 1, [attualmente pari ad euro 11.528,41] sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi.

Solo eccezionalmente, invece, si tiene conto del solo reddito personale del richiedente (senza quindi avere riguardo al reddito degli altri familiari conviventi) quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

Non vanno conteggiate nel reddito rilevante per l’ammissione al gratuito patrocinio le somme eventualmente percepite da un genitore, in seguito a separazione o divorzio, per il mantenimento dei figli (v. art. 3, co. III, TUIR). Rileva invece l’eventuale assegno di mantenimento ricevuto dall’altro coniuge.

Come richiedere l’ammissione al gratuito patrocinio? Quali documenti servono?

Per l’ammissione al gratuito patrocinio è necessario presentare una domanda nella quale, oltre a richiedere l’ammissione al gratuito patrocinio, si autodichiara – assumendosene la responsabilità penale di cui all’art. 46 del D.P.R. 445/2000 in caso di falso – il proprio reddito (o quello del nucleo familiare).

Trattandosi di un’operazione piuttosto delicata, è preferibile rivolgersi previamente all’avvocato prescelto, che potrà così aiutare l’interessato a formare la dichiarazione e successivamente a depositarla.

In linea di massima, per inoltrare la domanda è necessario conoscere precisamente i seguenti dati: generalità, codice fiscale e reddito del richiedente e di tutti i componenti della sua famiglia anagrafica.

Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non UE deve corredare l’istanza con una certificazione dell’Autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa dichiarato.

Pur non essendo strettamente necessario, è sempre preferibile corredare la domanda da copia dell’ultima dichiarazione dei redditi (di tutto il nucleo familiare) o del CUD. Del tutto irrilevanti sono invece eventuali certificazioni ISEE. In caso di soggetti non tenuti all’obbligo di dichiarazione, non si potrà far altro che limitarsi all’auto-dichiarazione.

La domanda deve essere sottoscritta dall’interessato e la sua sottoscrizione va autenticata dal difensore.

Chi decide l’ammissione al gratuito patrocinio?

In materia penale l’ammissione al gratuito patrocinio avviene, su istanza di parte, ad opera del Giudice procedente (generalmente il Tribunale o il Giudice di Pace). Durante la fase delle indagini preliminari l’ammissione va richiesta al Giudice per la indagini preliminari.

In materia civile, invece, la domanda va rivolta al Consiglio dell’ordine degli avvocati territorialmente competente, il quale dovrà eventualmente verificare che l’azione che si intende proporre non sia infondata.

Col gratuito patrocinio è possibile scegliersi l’avvocato di fiducia?

Certamente sì. Una volta ammessi al gratuito patrocinio si è liberi di scegliere il proprio legale di fiducia  su tutto il territorio nazionale con un solo limite. Deve infatti trattarsi di un avvocato iscritto nell’apposita lista dei difensori patrocinanti a spese dello Stato che viene tenuto – e pubblicato – da ogni locale Ordine degli Avvocati.

Si può godere del gratuito patrocinio sia che si sia difesi da un avvocato di fiducia, che nel caso in cui si sia assistiti da un avvocato d’ufficio. L’unico limite è che non è possibile nominare più di un difensore per volta.

Naturalmente l’avvocato rimane sempre libero di scegliere se accettare oppure no l’incarico propostogli dal cliente.

Quali sono gli obblighi successivi all’ammissione al gratuito patrocinio?

Con l’ammissione al gratuito patrocinio, il beneficiato si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.

In caso di mancata ammissione?

Se la domanda di ammissione al gratuito patrocinio è rigettata ingiustamente, è possibile chiedere una rivalutazione della decisione ricorrendo al Presidente del Tribunale.

Per chi volesse approfondire, si segnalano gli artt. 75-145 del D.P.R. 115/2002, che regolano appunto l’istituto del gratuito patrocinio (a spese dello Stato) nel nostro paese.

Avv. Ronny Spagnolo, Ph.D.

Avvocato iscritto alla lista dei difensori patrocinanti a spese dello Stato in materia penale presso l’Ordine degli avvocati di Vicenza.