I moderni telefoni cellulari consentono l’effettuazione di numerosissime funzioni, tra le quali la registrazione, spesso con una qualità dell’audio davvero notevole, delle conversazioni che intratteniamo con altre persone, sia via telefono che alla loro presenza fisica. Ma tutto ciò è lecito o serve comunque il consenso dei partecipanti alla conversazione?
Iniziamo svolgendo alcune considerazioni di ordine generale.
Secondo l’art. 15 della Costituzione “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge“.
Secondo l’art. 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, inoltre, “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.”.
Tali principi trova attuazione nell’art. 615-bis del Codice penale, secondo il quale: “Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni“.
Va inoltre considerato anche l’art. 617 del Codice penale, ai sensi del quale: “Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni“.
Da ciò emerge chiaramente come registrare di nascosto conversazioni altrui – in cui non si è preso parte – con strumenti tecnici idonei sia illecito e comporti la commissione di un reato.
Diversamente deve invece concludersi in relazione alla registrazione – anche clandestina – di conversazioni a cui si è preso personalmente parte.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, invero, “la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo” (Cass. SS.UU., 28 maggio 2003, n. 36747).
Il principio per cui è perfettamente legittimo registrare – anche di nascosto – il contenuto delle conversazioni – di persona, telefoniche o telematiche – a cui si è preso personalmente parte è stato in seguito sempre confermato dalla giurisprudenza successiva (Cass. sez. III, 13 maggio 2011, n. 18908; Cass. sez. V, 16 ottobre 2012, n. 8762).
Più recentemente lo stesso principio è stato ribadito dalla Corte Europea dei diritto dell’uomo con specifico riguardo all’attività giornalistica, rilevando come sia perfettamente legittima la condotta del giornalista che si avvalga di telecamere nascoste nell’ambito di un reportage volto a fornire informazioni su un tema di interesse pubblico (sent. 10 febbraio 2015, Haldimann e altri c. Svizzera).
Si può pertanto concludere nel senso della piena legittimità del comportamento di colui che registri – anche clandestinamente – una conversazione a cui partecipi personalmente. Si ha invece una intercettazione illegale qualora la registrazione riguardi una conversazioni alla quale il registrante non prenda parte.
Avv. Ronny Spagnolo, Ph.D.